Circolo PD Presidenza del Consiglio dei Ministri
Protezione civile
L’Italia è a rischio di
default ambientale.
Secondo l’ultima
classificazione sismica, in Italia 705 Comuni su 8102 si trovano nella fascia a
maggior rischio, 1934 in quella immediatamente seguente.
Oltre l'80% dei comuni presenta
almeno un'area a rischio elevato o molto elevato di frana o di alluvione; il 9.8
% del territorio nazionale presenta un’elevata criticità idrogeologica;
il 6,8% coinvolge direttamente
zone con beni esposti come centri urbani, infrastrutture, aree produttive,
strettamente connesse con lo sviluppo economico del Paese (fonte: Ministero
tutela ambiente e territorio, 2008).
Circa due
milioni di persone vivono in aree a rischio vulcanico, e soprattutto in
Campania, nelle aree vesuviana e flegrea.
Ai rischi
naturali si aggiungono quelli tecnologici: sulla base del censimento del Ministero dell’Ambiente aggiornato a
dicembre 2012, risultano sul territorio italiano 1143 impianti a rischio di
incidente rilevante.
Per anni il sistema di protezione civile
è stato “drogato” con ordinanze derogatorie di tutto il sistema normativo
nazionale e locale e distribuzione di denaro a pioggia fuori bilancio. Su
quanto denaro sia stato speso, e come, ancora oggi non c’è chiarezza; e questo
potrebbe essere uno dei compiti del prossimo Parlamento.
Il risultato, comunque, è che non è stato
messo in sicurezza in modo permanente nemmeno un metro quadro del nostro Paese.
Al contrario, l’abusivismo e lo scriteriato sfruttamento del territorio hanno
ampliato i rischi per la popolazione e per il tessuto produttivo.
Sono stati
introdotti giusti limiti al potere di ordinanza, meccanismi di controllo
condivisibili in linea di principio, ma che nei fatti hanno paralizzato il
sistema e discutibili tagli e di spesa; così il fragile castello di sabbia
della “protezione civile migliore del mondo” è franato sotto il peso degli
eventi, non necessariamente “grandi”.
A livello regionale e locale si incontrano situazioni
differenti. Molte Regioni, per esempio, hanno normative di protezione civile
risalenti a prima della riforma del titolo V della Costituzione.
Le Province
sono strette tra il ruolo della Regione e quello del Prefetto. I Sindaci,
autorità locale di protezione civile, hanno spesso scarsa conoscenza del
proprio ruolo, e comunque limitate risorse materiali e culturali, a fronte
delle pesanti responsabilità attribuite dalla legge.
Anche laddove il sistema funziona,
l’attenzione è concentrata sulla risposta emergenziale e sulla gestione del
post evento. E’ doveroso garantire il soccorso e l’assistenza alle popolazioni
colpite da catastrofe, e i servizi di
prima risposta (vigili del fuoco, sanità) devono avere adeguate risorse
per assicurare questo servizio
essenziale. Tuttavia, la Legge 100
del 2012, grazie agli emendamenti del PD, ha sancito che la protezione civile
è uno strumento di supporto al
governo del territorio e, come hanno dimostrato gli eventi sismici dell’Emilia-Romagna,
di tutela dei beni culturali, delle imprese, del lavoro.
Se così
stanno le cose (e noi ne siamo intimamente convinti), questa materia non può
essere oggetto di una legiferazione confusa e “reattiva”, che a seconda delle
convenienze del momento cerca di ampliare o limitare i poteri del Dipartimento
della protezione civile e del servizio nazionale in generale, o di soddisfare
interessi e necessità che nulla hanno a che vedere con la tutela della vita,
dell’ambiente e dei beni.
Chiediamo
ai nostri candidati un impegno per l’approvazione di una legge quadro sulla
protezione civile, orientata verso la previsione, la prevenzione, la
mitigazione del rischio e la preparazione all’emergenza, che fornisca certezza
in materia di competenze mettendo fine
ai conflitti inter-istituzionali e interforze che da 60 anni nessun governo è
stato capace di risolvere.
Analogamente,
vorremmo che a livello regionale, a partire dalla Campania, si arrivi ad una
normativa all’altezza delle sfide del futuro e che questa Regione, esposta a
tutti i rischi possibili, approvi al più presto almeno la Legge per la quale è
già stato avviato l’iter di approvazione.
E’
altrettanto necessario assicurare certezza e trasparenza nell’assegnazione di
risorse, di cui il servizio di protezione civile deve disporre in ordinario.
Abbiamo accolto con soddisfazione l’introduzione con la Legge 100/2012 della
norma che prevede che il governo riferisca annualmente al Parlamento sulle
attività di protezione civile e sull’utilizzo del fondo nazionale di protezione
civile. Tuttavia, anche se la ristrettezza di risorse non deve essere un alibi per
giustificare le inadempienze, non si può non evidenziare che anche la protezione
civile, a tutti i livelli, è stata colpita da tagli che non hanno ridotto gli
sprechi, ma hanno inciso e incidono sulla qualità del servizio.
Chiediamo
che la messa in sicurezza del territorio sia la principale grande opera
pubblica del prossimo Governo, come occasione di sviluppo economico, tecnico e
scientifico, a tutela dei cittadini, dell’ambiente, dell’impresa, del lavoro,
ma anche della storia, della cultura e della bellezza, che sono e restano una
grande ricchezza di questo Paese.
Chiediamo
che venga affrontato il tema delle assicurazioni contro le catastrofi, che non
può essere un tabù, visto anche che già nel '800 in terra vesuviana questo
approccio alla gestione dei rischi naturali era stato previsto e attuato. Il
mondo politico e il mondo produttivo non possono continuare ad eludere il
problema, in un contesto caratterizzato dalla crescente scarsità di risorse per
il risarcimento dei danni.
Chiediamo che la consapevolezza dei
rischi presenti nel nostro Paese sia posta a fondamento di tutte le politiche,
perché la protezione civile non è una materia settoriale da lasciare ad un
piccolo gruppo di esperti, men che meno ad una singola amministrazione,
centrale o locale che sia.
Chiediamo, infine, che su questi temi ci sia la massima
condivisione e partecipazione, che sono il migliore
antidoto alla corruzione e alla strumentalizzazione da
parte di piccoli e grandi gruppi di interesse.